Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit

Fjala e Ministres së Kulturës Elva margariti në Romë, në aktivitetin dedikuar shpëtimit të hebrenjve nga shqiptarët gjatë L2B

11 nëntor 2022

Sono onorata di essere qui oggi per parlare di un argomento che mi sta molto a cuore, ma che purtroppo per molti anni, sotto la paranoia del comunismo, lo abbiamo tenuto nascosto a noi stessi e al mondo.

Ed è oggi, il giorno in cui, la storia della salvezza degli ebrei in Albania, deve essere imparata da noi stessi, per primi e poi raccontata ai nostri figli e al mondo.

Sembra una storia locale, ma in realtà è una storia unica al mondo. Una storia legata a un codice d’onore che chiamiamo BESA, difficilmente tradotto in un’altra lingua. Fu Besa a salvare migliaia di ebrei in fuga dalla più grande follia del secolo. XX verso un porto sicuro, che i media degli anni ’30 e ’40 chiamavano la “patria di riserva”.

Questo e’ un fatto assai significativo e gli storici sanno meglio di me che c’erano molte volte di più, ebrei, in Albania dopo la seconda guerra mondiale che prima.

E mentre l’Europa erigeva campi di concentramento, l’Albania allestiva campi di transito…

Ed è tanto vero che, gli inviati del Reich nella regione (Herman Neubacher) hanno riferito: Non trattate con gli albanesi, perché sono testardi, non negoziano su questo punto.

Nessuno dei governi ha accettato di consegnare le liste degli ebrei, sebbene siano state richieste con insistenza fino al giugno 1944.

L’unico punto in cui i rappresentanti delle comunità religiose si rifiutarono di negoziare con il Reich fu proprio la consegna dell’elenco degli ebrei, poiché rilasciavano l’oro depositato a Roma e i Codici Sacri.

I cristiani erano pronti a consegnare i Codici, ma non gli ebrei.

La questione degli ebrei è stata trattata come “una questione interna” perché gli ebrei erano nella loro fede.

L’atteggiamento politico era sicuramente fondamentale in questa operazione di salvataggio, ma e’ stato il popolo a non aver ‘’venduto’’ gli ebrei: ad aver invece, dato loro un tetto, dei cognomi, una religione e forse l’unico vestito decente, messo da parte, per le giornate importanti.

E quando il semplice albanese di Berat, Valona, ​​Tirana… ha aperto la porta di casa e del suo cuore ad un ebreo o a un’intera parentela, non pensava certo, di compiere un grande atto di salvezza, anche se stava rischiando la sua vita e quella della sua famiglia.

No, lo ha fatto perché è quello che gli diceva il cuore, perché è quello dettava il codice di fede e di onore, che è scritto nel suo DNA, BESA!

La storia del salvataggio degli ebrei da parte degli albanesi è poco conosciuta ed è nostro dovere tramandarla alle nuove generazioni, non come una storia di vanto ed eroismo, ma di umanità.

Ecco perché oggi, a Valona, ​​in una delle città dov’e’ esistita  la più grande comunità ebraica, dove albanesi ed ebrei hanno vissuto insieme come vicini da secoli, insieme alla Fondazione Albanese-Americana per lo Sviluppo abbiamo istituito il Museo Ebraico Albanese, che non racconta solo della seconda guerra mondiale, ma di molto prima, dall’inizio della nostra era, quando gli ebrei trovarono rifugio nelle nostre terre. Un centro, più che un museo, che servirà da spazio di dialogo tra generazioni, per trasmettere ciò che rappresenta la miglior parte di noi.

Questo museo è il passato, ma anche il presente e il futuro. Questo museo sono i nostri genitori, siamo noi, sono i nostri figli!

Questo è il concept di questo museo tra immagini, voci, testimonianze, e’ un invito al dialogo tra generazioni. Questo è il concept di un museo, che si troverà vicino alla Via degli Ebrei, a Valona, ​​vicinissimo al mare, il quale nel corso del tempo ha collegato i destini di tante persone, in cerca di libertà, salvezza, un vita. Lo sanno bene gli albanesi cosi’ come gli italiani.

Questo museo sarà lì per mostrarci non solo il passato, ma anche per ricordarci nelle nostre corse quotidiane, che gli albanesi sono così: Ospitali verso chi è nei guai!

È questo il concetto che percorre le linee architettoniche di questo museo, dove il patrimonio culturale si coniuga attraverso l’edificio-monumento della cultura con l’elegante intervento degli architetti dello studio vincitore del concorso internazionale: “Kimmel – Eshkolot Architects”, che ha risposto al nostro bisogno di allestire un museo spirituale. Abbiamo esaminato tutto con attenzione: gli elementi aggiuntivi nell’architettura, la circolazione interna, per descrivere il passaggio, come un processo che ha accompagnato la storia ebraica alla ricerca della terra promessa. L’Albania potrebbe non essere stata la terra promessa, ma e’ stata una terra della salvezza.

Credo che il fatto che questo studio di professionisti provenga da Israele sia un valore aggiunto e un approccio più naturale e diretto alla storia che dobbiamo raccontare, e viene a riempire un tassello mancante nel puzzle di quello che viene chiamato albanese.

C’è un proverbio nel nostro paese, che credo esista anche in altri paesi magari in una forma letteraria diversa: getta il pane nel fiume e ti ritornerà molte piu’ volte.

Grazie!